Probabilmente quel titolo mondiale vinto in modo rocambolesco a Renaix nel 1988, al secondo anno di professionismo, gravò eccessivamente sulle giovani, seppur possenti, spalle di Maurizio Fondriest. Che nonostante fosse un predestinato ad una grande carriera fin da quando ragazzino iniziò a dominare sui pedali, non riuscì a dare un seguito all’altezza di quel trionfo arcobaleno. Fino all’Anno del Signore 1993, quando infine il campione trentino di Cles, ormai 28enne, pennella un’annata che gli vale la veste di numero 1 del mondo.

Ad onor del vero Fondriest ha già aggiunto qualche altro successo di pregio, nel corso degli anni successivi. Ad esempio, nel 1991, dopo aver vinto l’anno prima una classica come il Giro del Lazio, si aggiudica la Coppa del Mondo, kermesse a tappe che premia il corridore che più di ogni altro sia stato costante, e possibilmente vincente, nelle classiche di un giorno. Maurizio non mette in bacheca nessuna delle classiche-monumento, risultando secondo all’Amstel Gold Race, terzo alla Clasica di San Sebastian, quarto al Campionato di Zurigo, quinto alla Wincanton Classic, settimo al Gran Premio delle Americhe, 12esimo alla Milano-Sanremo, 15esimo al Giro delle Fiandre, 20esimo alla Liegi-Bastogne-Liegi e 13esimo al Giro di Lombardia, e con 132 punti anticipa nella speciale classifica Laurent Jalabert, evidenziando, caso mai ce ne fosse bisogno, quelle doti di resistenza, tempismo ed adattabilità ad ogni tracciato che nel fanno il prototipo perfetto, o quasi, per le grandi corse in linea.

Certo, sarebbe necessaria qualche grande vittoria per suffragare questo stima che il mondo del ciclismo riserva a Fondriest, ed allora, dopo un 1992 non all’altezza delle aspettative con i soli successi al Trofeo Melinda, in una tappa della Vuelta Andalusia ed una al Giro della Catalogna, con l’aggiunta del quarto posto al Giro delle Fiandre, il trentino, che ha lasciato la corazzata Panasonic per assoldarsi alla Lampre di patron Galbusera, agli ordini di Pietro Algeri conosce la miglior stagione della sua carriera.

Che la scelta di tornare a correre per una squadra italiana possa rivelarsi corretta se ne ha subito un primo segnale a febbraio, quando Fondriest debutta alla Vuelta Andalusia facendo sua la tappa con arrivo a Motril. Il campione trentino punta il mirino su quella Milano-Sanremo che già lo vide secondo nel 1988, battuto in volata da Laurent Fignon, e quinto nel 1990, e che possa essere tra i papabili al successo finale è certificato dalla travolgente vittoria alla Tirreno-Adriatico, solitamente probante test in vista della “Classicissima di Primavera“, che Fondriest fa sua davanti ad Andrei Tchmil, col corollario di due successi parziali ad Isola Liri e a Castel di Lama, non prima essersi aggiudicato anche la tappa di Gela alla Settimana Ciclistica Internazionale.

Il 20 marzo 1993 la giornata si annuncia tanto radiosa che Fondriest non potrebbe davvero augurarsi di meglio. Al ritrovo di partenza della Milano-Sanremo viene raggiunto dalla dolcissima novella della nascita della figlia Vittoria. E quale miglior occasione per celebrare l’evento che tagliare il traguardo a braccia alzate? Ed è esattamente quel che fa il capitano della Lampre 297 chilometri e 7h25min dopo, dominando la concorrenza, rispondendo ad uno scatto dello spagnolo Inaki Gaston sul Poggio, involandosi con uno scatto perentorio, conservando al traguardo in Via Roma 4″ di vantaggio sul plotone ed infine facendo sua una corsa che già nel 1987, alla prima partecipazione da imberbe neoprofessionista, conclusa al 22esimo posto, aveva mostrato di gradire particolarmente.

Già così, con Tirreno-Adriatico e Milano-Sanremo nel breve volgere di quattro giorni, la stagione sarebbe eccellente, ma l’annata è solo all’inizio e Fondriest ha davvero tutta l’intenzione di capitalizzare al massimo uno stato di forma, fisico e mentale, ottimale. E già fasciato con la maglia arcobaleno, verticale, di leader di Coppa del Mondo, Fondriest è protagonista al Giro delle Fiandre, dove chiude ottavo, per poi, il 14 aprile, far saltare il banco alla Freccia Vallone, quando si toglie il lusso di spianare in beata solitudine il Muro di Huy concludendo in vetta con un vantaggio di 56″ sul più immediato inseguitore, il francese Gerard Rué. Ci sarebbero anche Liegi-Bastogne-Liegi ad Amstel Gold Race da onorare al meglio, e Maurizio rispetta le attese della vigilia, correndo col piglio del grande ciclista ed incamerando due piazzamenti, terzo e quarto, che la dicono lunga su chi sia stato il più forte nelle classiche di primavera.

Chiusa la parentesi grandi classiche come meglio non avrebbe osato sperare, Fondriest accoglie la sfida di dimostrarsi anche abile nei Grandi Giri, ed in preparazione al Giro d’Italia si allinea al via del Giro del Trentino. Su strade che conosce alla perfezione vince, una dopo l’altra, le tappe di Merano, Roncone ed Arco, rigetta i tentativi di Claudio Chiappucci di sovrastarlo in montagna ed infine fa sua la classifica generale con 11″ di vantaggio sul “Diablo“.

Questo accedeva il 14 maggio, ed il 23, quando la Corsa Rosa prende il via a Porto Azzurro, gli addetti ai lavori si chiedono quale possa essere la reale consistenza di Fondriest sull’arco delle tre settimane, visto anche che sta correndo da protagonista ormai da oltre tre mesi e fino ad ora non ha ottenuto meglio che un 15esimo posto al Tour de France del 1991. Ed infine il responso è positivo, perché, oltre a vincere la semitappa di Portoferraio, se è vero che il trentino denuncia in alta montagna quei limiti che non gli permetteranno mai di competere per un Grande Giro, chiude tuttavia all’ottavo posto in classifica generale, a 12’53” da Miguel Indurain che fa doppietta, ottenendo in conclusione il miglior risultato in carriera al Giro d’Italia.

Prima di concentrarsi sull’ultima parte di stagione, in cui il corridore della Lampre punterà l’obiettivo sulla difesa della maglia di capoclassifica in Coppa del Mondo, e sul Mondiale di Oslo che parrebbe particolarmente adatto ai sui mezzi, Fondriest aggiunge, con tanto di tre successi parziali, la vittoria al Midi-Libre, breve corsa a tappe che anticipa il Campionato Italiano che a Prato conclude solo 35esimo, prima di staccare momentaneamente la spina.

All’atto di ricominciare, ad agosto, Fondriest infila un trittico di piazzamenti in Coppa del Mondo, ottavo alla Clasica di San Sebastian, terzo alla Wincanton Classic e primo al Campionato di Zurigo, dove è l’artefice dell’attacco risolutivo che nel finale screma in avanscoperta un plotoncino di cinque corridori, con Charly Mottet, Bruno Cenghialta, Jens Heppner e Santos Hernandez bruciati in volata nel velodromo zurighese di Oerlikon, il che di fatto gli vale la certezza, matematica o quasi, di conquistare l’ambito trofeo. Tanto più che nel finale di stagione, battuto di un soffio da Johan Museeuw alla Parigi-Tours, può permettersi di chiudere solo 11esimo al Giro di Lombardia dell’apoteosi, il che gli vale un totale di ben 287 punti contro i 172 del rivale belga, che lo segue in classifica generale.

E se due successi a cronometro alla Vuelta Catalana, con secondo posto finale a 4″ dal colombiano Alvaro Meija, la vittoria al Grand Prix Telekom, cronocoppia corsa con Gianni Bugno, il Giro dell’Emila anticipando in cima al San Luca Pascal Richard e Claudio Chiappucci, la Firenze-Pistoia, sempre contro le lancette e superando un drago come Chris Boardmann, due tappe e la classifica finale della Scalata del Montjuich, portano il totale delle vittorie stagionale a 26, ecco che proprio il Mondiale di Oslo, il 29 agosto 1993, sarebbe il giusto coronamento di un’annata da numero 1 del mondo.Ma quel giorno, sotto la pioggia, Fondriest si marca stretto con Museeuw ed Indurain, che assieme a lui si spartiscono i pronostici della vigilia, e si lascia scappare un americano poco meno che 22enne, già campione di triathlon, che beffa i favoriti. Lance Armstrong, signori miei, che comincia a farsi conoscere ed annuncia quel che sarà il futuro. Il presente, per ora, è nel segno di Maurizio Fondriest.

by Nicola Pucci

Maurizio Fondriest

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