Il buon Laurent Fignon non me ne vorrà da lassù se mi permetto di raccontare quel che successe sulle strade transalpine nell’infuocato luglio del 1989. Da uomo intelligente quale lui era, converrà con me che si è trattata dell’edizione del Tour de France più appassionante degli ultimi quaranta anni, e ne fu meraviglioso protagonista, anche se qualcuno, di un soffio, lo fu più di lui.

Greg Lemond viene dal di là dell’Atlantico e ha vinto la Grande Boucle del 1986 soffiandola all’amico-nemico Bernard Hinault; ha conosciuto l’estasi del trionfo ma ha pure visto la morte in faccia, impallinato ma sopravvissuto ai colpi di fucile del cognato cacciatore. Due anni di latitanza forzata, e poi è di nuovo in sella il 1 luglio, in maglia ADR, quando la corsa più famosa del pianeta si mette in moto da Città del Lussemburgo.

Pedro Delgado ha i favori del pronostico in virtù del successo dell’anno prima e del bis alla Vuelta qualche mese addietro; Fignon è fresco di maglia rosa e con Mottet guida la pattuglia di casa; Roche è pretendente autorevole ad un piazzamento sul podio; i due colombiani Herrera e Parra sono attesi in montagna e la formazione PDM pare la più attrezzata con un poker d’assi che assembla un irlandese, Kelly, un messicano, Alcalà, e due olandesi, i “gemelli” Rooks e Theunisse. Lemond non ha grosse aspettative ma è nome blasonato e non può certo chiamarsi fuori dai giochi, in più abbiamo Hampstean che nel 1988 si rivelò camoscio al Giro d’Italia e Breukink che proprio in penisola ha colto piazzamenti importanti. Insomma, concorrenza folta e qualificata.

Che sarà battaglia e non mancheranno le sorprese a sensazione è certificato proprio dal prologo del primo giorno. Delgado si presenta in ritardo di 2minuti 50secondi e l’handicap, pesante, ne condizionerà il rendimento lungo tutto l’arco delle tre settimane di corsa: Breukink anticipa il trio Fignon, Lemond e Kelly e veste la prima maglia gialla, lasciandola il giorno dopo al portoghese Da Silva. Lo stesso 2 luglio, al pomeriggio, è l’ora della cronometro a squadre e Fignon, leader della System U, trascina la squadra alla vittoria. Lemond è distante e Delgado, in crisi, si stacca dal treno della Reynolds che si avvale delle prestazioni del giovane Miguel Indurain, i compagni lo attendono e riesce comunque a recuperare, tagliando il traguardo con un ritardo consistente che di fatto lo esclude dai giochi per la vittoria finale.

La prima sfida diretta tra i campioni è la cronometro di 73 chilometri tra Dinard e Rennes. Piove e le condizioni climatiche penalizzano gli ultimi a partire; Delgado tiene a lungo il comando della classifica provvisoria ma lo sopravanza Lemond che monta una bici futuristica, dotata di manubrio da triathlon. La prestazione dell’americano è spettacolare, annienta gli avversari, demolisce Fignon di 56secondi e la sera, a distanza di tre anni, rivede la luce dopo il buio e torna a vestire le insegne del primato.

Le tappe successive, transitorie, non mutano il volto della classifica, ed allora è già tempo di scalare i Pirenei. Verso Cauterets i favoriti si marcano stretto ed è l’occasione per il mondo del ciclismo di far conoscenza con un ragazzo schivo ed educato, dal fisico prorompente, che negli anni a seguire farà parlare di sè, Indurain appunto, che vince in solitario, anticipando il capitano Delgado che rosicchia qualche secondo. Ma è la tappa successiva, a Superbagneres, a rimescolare le carte. Fignon va in crisi sul Tourmalet ma rinviene su Lemond, lo stacca a sua volta e per 7 secondi gli strappa la maglia gialla: la sfida è lanciata, i due campioni cominciano a scrivere la storia del Tour e agli avversari rimane solo la chance di lottare per il terzo gradino del podio.

Da questo momento la corsa è un susseguirsi di colpi di scena, di momenti di altissima qualità tecnica e dagli elevatissimi toni agonistici. Il terreno ta Pirenei e Alpi è perfetto per le imboscate, verso Marsiglia, il 14 luglio, forse galvanizzato dalla ricorrenza nazionale, Fignon azzarda la fuga con Mottet obbligando Lemond all’inseguimento. Di nuovo le lancette del cronometro chiamano i due contendenti al confronto a distanza, tra Gap e Orcieres-Merlette sono 39 chilometri di sforzo in salita che premiano Rooks e vestono Lemond, di nuovo, di giallo.

Eccoci sulle Alpi. Si scala l’Izoard ma a Briancon, dove vince lo svizzero Richard, è pareggio tra Lemond e Fignon che si annullano a vicenda. Il giorno dopo la battaglia è leggendaria. Theunisse attacca da lontano, sul Galibier e sulla Croix de Fer i favoriti si controllano prima di accendere la miccia sui tornanti che portano all’Alpe d’Huez. Fignon e Lemond sono al limite delle loro forze, il francese ci prova incitato dal suo direttore sportivo Guimard e fa il vuoto, Delgado lo segue e all’arrivo la coppia guadagna più di un minuto all’americano che perde per 26secondi la maglia gialla. Fignon, non certo appagato, l’indomani salendo a Villard de Lans attacca ancora, vince in solitario e guadagna ulteriori 24secondi. In montagna il francese è superiore, anche se ad Aix les Bains l’americano, orgoglioso, va a cogliere il traguardo parziale.

E’ l’ora della resa dei conti. Gli organizzatori hanno disegnato, per l’ultima tappa, una cronometro suggestiva di 24,5 chilometri tra Versailles e i Campi Elisi a Parigi. Fignon ha 50secondi di margine su Lemond e pare al sicuro, anche se il precedente negativo della cronometro di Verona al Giro d’Italia del 1984 persa con Moser dovrebbe indurre alla prudenza. In più, il “professore” soffre da qualche giorno di un dolore all’inguine. E la cronometro è beffarda. Lemond, piegato sul manubrio da triatleta, vola a oltre 54km/orari, e taglia il traguardo con un tempo che migliora di 33secondi quello di Thierry Marie, uno specialista delle corse contro il tempo. Fignon è in ritardo ad ogni passaggio intermedio, all’arrivo, distrutto per la fatica e il dispiacere, accusa 58secondi di disavanzo e per l’inezia di 8secondi, il margine più contenuto della storia del Tour de France, si vede sfilare la maglia gialla. E’ la terza volta che il Tour si decide l’ultimo giorno – sarà anche l’ultima -: Robic nel 1947 infranse il sogno di Brambilla e Janssen nel 1968 beffò Van Springel. Delgado, in recupero nelle tappe di montagne, occupa il terzo gradino del podio con un ritardo di 3minuti 34secondi e precede Theunisse e Marino Lejarreta; un altro giovanotto di belle speranze, Gianni Bugno, è undicesimo mentre Indurain è diciassettesimo.

Un americano a Parigi: Greg Lemond risorge e batte Laurent Fignon, è la storia del Tour de France più avvincente che il vostra scriba ricordi.

by Nicola Pucci

Tour de France 1989

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