Credo che nessuno avrà da obiettare qualcosa se cito Giovanni Battaglin tra gli scalatori più forti della nostra storia ciclistica e lo inserisco nell’albo di coloro che han dato lustro al movimento tricolore su due ruote. Ma si ha la tendenza a ricordarne il nome più per il disgraziato epilogo del Mondiale di Valkenburg 1979 che per le vittorie, che non mancano di certo e sono pure di eccellente lignaggio.

Vuelta 1981, ad esempio. Quando il vicentino di Marostica è vicino ai trent’anni e ha in bacheca due piazzamenti sul terzo gradino del podio al Giro d’Italia, nel 1973 da neo-professionista quando si intromise tra Merckx e Gimondi facendo gridare al fenomeno, e nel 1980, battuto dal primo Hinault in maglia rosa e dal “vecchio“Panizza. Nel mezzo, successi di prestigio al Giro del Lazio, al Giro dell’Appennino, qualche giorno in maglia rosa nel 1975, una tappa al Tour nel 1976 e la maglia a pois di miglior camoscio nel 1979, tre tappe consecutive al Giro di Svizzera del 1978 e un buon numero di classiche del panorama nazionale. Palmares interessante, siamo d’accordo, ma manca l’affermazione che ne consacri il valore. Che è fuori discussione.

E così l’alfiere in maglia Inoxpran decide di allinearsi per la prima volta al via del Giro di Spagna, in programma dal 21 aprile al 10 maggio, diciannove tappe per 3.446 chilometri complessivi tra Santander e Madrid. Ad onor del vero sembra l’occasione propizia per rodarsi in funzione Giro d’Italia, che scatterà soli tre giorni dopo la conclusione della competizione iberica, ma si sa… l’appetito vien mangiando e Battaglin strada facendo si accorgerà che la vittoria finale non è proprio una chimera.

Sono altri i favoriti della vigilia. In primis Faustino Ruperez, campione l’anno prima, che guida la corazzata Zor-Helios che schiera altri validi concorrenti, come il giovane Pedro Munoz, Angel Arroyo e il veterano Miguel Maria Lasa, già quattro volte sul podio in passato. Juan Fernandez, terzo a Sallanches qualche mese prima nel campionato del mondo più duro di sempre, è il leader della formazione Kelme, che si affida anche a Vicente Belda, mentre non è della partita la Teka di Marino Lejarreta e Alberto Fernandez, due che potevano aver ambizioni serie, ma sono assenti perché la squadra è in disaccordo con il comitato organizzativo della corsa. Otto squadre e ottanta corridori sono iscritti, e tra gli altri alcuni stranieri di discreta caratura, come i due danesi Andersen e Marcussen, i francesi Vichot e Clere, l’olandese Lammertink.

Battaglin può contare sull’appoggio proprio di Marcussen, Loro, Perini, Chinetti e Sgalbazzi nelle le tappe di montagna, Bausager, Moro e Dal Pian saranno aiutanti preziosi in pianura, Guido Bontempi è l’uomo adatto per le volate. Si parte con un prologo di sei chilometri che sorride al francese Regis Clere, neo-professionista della Miko-Mercier, che anticipa Marcussen di due secondi, mentre Battaglin è già buon quarto. Le prime frazioni non presentano particolari difficoltà altimetriche, e così l’Inoxpran diretta in ammiraglia da Davide Boifava fa incetta di traguardi parziali, con Bontempi che si impone allo sprint ad Avila e Salamanca e Chinetti che piazza il colpo di mano a Leon. Clere tiene le insegne del primato per otto giorni, ovvero fino al primo appuntamento probante della corsa, la cronometro con arrivo in salita tra Granada e Sierra Nevada, trenta chilometri che stuzzicano il talento di scalatore di Battaglin che domina la prova lasciando Munoz a 43secondi, il compagno Marcussen a 53secondi e il resto della concorrenza oltre i due minuti.

Le carte, a questo punto, sono scoperte, l’azzurro veste la maglia amarillo e di fatto diventa il pretendente numero uno al successo finale. Tocca agli spagnoli provare ad attaccare per recuperare il ritardo in classifica generale, bisogna però attendere la tredicesima tappa con traguardo in quota a Rasos de Peguera. Ruperez azzarda l’offensiva ma salta, Arroyo, Munoz e Laguia gli danno il cambio ma sortiscono solo l’effetto di scatenare la risposta di Battaglin, decisamente il più forte in salita, che stacca i rivali più temibili e chiude al secondo posto alle spalle del piccolo Belda, che vince la tappa e in serata è terzo in graduatoria, con due minuti di distacco, dietro a Munoz che con 1minuto 49secondi è potenzialmente il più pericoloso antagonista di Battaglin nella marcia di avvicinamento a Madrid.

Proprio Munoz vince ad Alfajarin ma l’Inoxpran non gli lascia margine, Clere si conferma nella breve cronometro di Saragozza ma l’ultima tappa impegnativa, con arrivo a San Rafael, non cambia volto alla vicenda agonistica, nonostante il tentativo di Arroyo che vince in solitario e Battaglin che rosicchia ancora qualche secondo su Munoz e Belda.

Apoteosi, dunque, il 10 maggio. A Madrid la passarella finale regala vittoria di tappa e maglia a punti a Francisco Javier Cedena, ma i riflettori sono tutti per Giovanni Battaglin, nuovo re di Spagna. Sul podio Munoz e Belda, beniamini di casa, l’ottimo Marcussen è quarto ad anticipare un nutrito gruppetto di spagnoli, Coll, Arroyo, Laguia, Ruperez e Lasa che chiude la top-ten, con Clere in nona posizione.

Qualche settimana più tardi Battaglin, affatto appagato, trionferà anche sulle strade del Giro d’Italia, completando una fantastica doppietta riuscita solo a Merckx e ai tempi nostri ad Alberto Contador. Ora, sì, Giovanni Battaglin appartiene alla storia dei grandi del ciclismo d’Italia.

by Nicola Pucci

Giovanni Battaglin

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