Sabato di tappe interlocutorie in attesa di altre più significative per le classifiche. Quella del Tour è una tappa vallonata condizionata dalla determinazione di Sagan e della sua Bora a vincere una tappa, o la maglia verde, qualunque cosa va bene, per quello che costa la squadra. Così la Bora si consuma a fare selezione e staccare i velocisti ma quando nel finale scappano da tutte le parti Sagan, che ha più voglia che gambe, non può andare dietro a tutti e la squadra più efficace si rivela ancora una volta la Sunweb, il team che Dumoulin ha lasciato per andare a fare il gregario di Roglic, che può permettersi anche qualche errore tattico e alla fine c’è l’auspicata azione da finisseur con Soren Kragh Andersen, altro ciclista forte nelle corse di un giorno da quella Danimarca che forse non ha ancora l’erede di Sorensen ma intanto vince le monumento con Fuglsang il mondiale con Pedersen e le classiche minori con Valgren Asgren e questo Andersen qui, e non è certo finita. Se al Tour sembra di stare in Vallonia alla Tirreno-Adriatico sembra di stare nelle Fiandre, ma non perché ci siano stradine in pavé, anzi si arriva sul lungomare di Senigallia, la sede stradale sarebbe più che sufficiente ma negli arrivi in volata non è mai abbastanza e per guadagnare posizioni i ciclisti si infilano dovunque, sulla pista ciclabile sui marciapiedi alberati nelle hall degli hotel nelle aree condominiali nei corridoi delle civili abitazioni, seminando il panico come neanche Geniez in discesa, e due dei più forti velocisti del plotone mondiale sono battuti dal ciclocrossista Tim Merlier che come sprinter migliora continuamente.

Mi ricordo che negli anni 70 e 80 quelli che andavano verso la fine della carriera o non erano troppo forti su strada tentavano la fortuna nel ciclocross o su pista, dove c’era ancora il mezzofondo, e poi nella mtb, e invece oggi chi proviene dalle altre specialità sembra più attrezzato rispetto agli stradisti fondamentalisti, e non bisogna pensare solo a Van Aert e Van Der Poel che sono fenomeni con quello che ne consegue, perché per Merlier ad esempio la convocazione per i mondiali di ciclocross non è mai stata scontata e se l’è sempre faticata. Infine in questo strano Giro Donne sembra difficile dire sulla carta quali tappe possono essere decisive e nel dubbio Annemiek Van Vleuten nella prima tappa in linea decide di attaccare subito e guadagnare più vantaggio possibile, il terreno per farlo c’è, e infatti quel terreno non è asfalto, è sterrato che va tanto di moda, e Annemiek che ha vinto le ultime due edizioni delle Strade Bianche figuriamoci se non fa il vuoto, altro che corsa disegnata per Longo Borghini che invece va in crisi, e si può già dire che per ribaltare la classifica ci vogliono o una crisi della maglia rosa o una fuga bidone, e dato che una crisi non si augura a nessuno aspettiamo il bidone. Però con questi sterrati bisognerebbe darci un taglio, non è bello vedere una dozzina di ragazze, che già in questa stagione hanno avuto poche occasioni per gareggiare, finire subito fuori tempo massimo, ma la stessa Van Vleuten si è trovata in difficoltà e quando è intervenuto il cambio ruote per darle una spinta ha rischiato di farla cadere, una scenetta vista anche alle Strade Bianche con Leah Thomas, forse gli uomini quando devono dare una spintarella a una ciclista nella parte anatomica dove si danno le spinte si imbarazzano.

by Tony Pastel

Soren Kragh Andersen

from http://urly.it/37w8p

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *