La squadra di Sagan rivolta la Grande Boucle sulle colline dell’Occitania. Il vento fa saltare Landa e Pogacar. A Lavaur il belga vince la 7a tappa della Grande Boucle

Raccontavano che quel fazzoletto di terra compresa tra i fiumi Ob, Tarn e Agoût fosse così fertile e così feconda che non servisse neppure lavorarla. Un luogo di feste, banchetti, bevute e licenziosità. Era l’Occitania ricca e prospera di Albi, Carcassone e Millau, attraversata da traffici e mercanti. Pays de Cocagne, i paesi della Cuccagna. Quella Cuccagna, una sorta di Bengodi. Il mito, bocca dopo bocca, raggiunse ogni landa d’Europa, tanto che di paesi della Cuccagna ne sorsero un po’ ovunque: bastava un racconto incredibile di abbondanza stucchevole che, pur di fuggire dalla miseria quotidiana, ci si immaginava i monti di pane zuccherato, nei fiumi scorreva vino e i fiori erano fatti di miele. La fame è pur sempre uno dei maggiori incentivi alla fantasia.

Gli unici che forse non erano a conoscenza di essere a contatto con monti di pane zuccherato, fiumi di vino e fiori di miele erano gli occitani. Perché la terra laggiù era posta in basso come in tutte le altre parti del mondo e per coltivarla serviva chinarsi allo stesso modo di ovunque, con i medesimi dolori di schiena. E poi Parigi era lontana e i suoi delegati bramosi di fede e denaro come ovunque nel suolo francese. Per questo quella terra di proverbiale abbondanza si riempì di briganti, resistenza autoctona al potere lontano, speranza per molti di una vita dignitosa, sebbene violenta. La rivolta dei vinti contro i potenti partiva da grotte e colline, si spingeva sulle strade in assalti fugaci e imprevedibili.

I secoli sono passati, ma, almeno oggi, nulla è cambiato davvero. Perché lungo le strade dell’Occitania, tra le colline dei Pays de Cocagne, i briganti sono tornati e hanno aggredito il Tour de France. Peter Sagan ha fatto conquistare la testa del gruppo ai suoi uomini e ha ordinato la rivolta. Un attacco a chi in queste prime volate gli ha fatto notare che il tempo può essere ingrato e ingeneroso anche nei confronti di chi ha avuto modo di essere il migliore. La Bora ha reso indimenticabile la Côte de Luzençon, salitella sconosciuta e spelacchiata divenuta maestosa e immaginifica. In quei nemmeno tre chilometri al sei per cento ha sconquassato la corsa, reso coda chi doveva essere testa, scombussolato qualunque piano. Oss, Grossschartner, Pöstlberger e compagnia hanno ridotto il gruppo di un quarto. A renderlo ancora più esiguo c’ha poi pensato il saliscendi successivo.

Uno sparpaglio generale a cui ha dato man forte il vento, facendo smarrire la rotta a Mikel Landa e Tadej Pogačar, a Richie Porte e Richard Carapaz, ridisegnando la classifica, riscrivendo, probabilmente i piani per le prossime tappe.

Perché ora si è tutto complicato un po’ per chi è rimasto dietro. Perché ora tutto si è semplificato un po’ per chi è rimasto davanti. O forse no. Sicuramente è stato facile, o così lui ce l’ha fatto percepire, per Wout Van Aert precedere tutti sotto lo striscione d’arrivo di Lavaur. Ma è sola una prospettiva. La stessa che considerava i briganti o cattivissimi o buonissimi. Van Aert è una terra dell’abbondanza, le prospettive per lui non contano.

by Giovanni Battistuzzi

Wout Van Aert

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